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Intimidazioni, appello al ministro della Salute



ROMA - «Da tempo, legalità e giustizia avrebbero dovuto impedire l’ennesimo gesto criminale ai danni di un veterinario ufficiale». Così l’Anmvi, l’Associazione nazionale dei medici veterinari italiani, in una lettera ai ministri della Salute Orazio Schillaci e dell’Interno Matteo Piantedosi dopo l’ennesimo episodio di minacce subito dalla categoria. Lo scorso 5 agosto il dirigente veterinario Roberto Macrì ha trovato una lettera con esplicite minacce nei suoi confronti. Per l’Anmvi l’episodio, che il dottore ha segnalato alle Forze dell’ordine, «si configura come l'ennesimo atto intimidatorio riconducibile alla sua attività istituzionale nell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, sede di Soverato». L’associazione si è rivolta così ai ministri per chiedere "quali iniziative tangibili di protezione e prevenzione siano state adottate a tutela della sua persona e della sua attività ufficiale. Ci auguriamo che il collega Roberto Macrì possa presto ricevere una espressione tangibile di vicinanza istituzionale, peraltro attesa da tutta la categoria medico veterinaria", scrive il presidente dell’Anmvi, Marco Melosi. Nella lettera si chiede inoltre che venga presa in considerazione «l'adozione di uno specifico protocollo di prevenzione e di intervento per la professione veterinaria tutta, insieme a ogni altra azione possibile in base ai compiti attribuiti all’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie dal decreto Salute-Interno 13 gennaio 2022».

Per Melosi, infatti, «quanto accaduto ci rafforza nella convinzione che la Legge 14 agosto 2020, n. 113 (Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie nell’esercizio delle loro funzioni) non sia adeguatamente focalizzata sul contesto della professione veterinaria. Basti dire che il primo rapporto dell’Osservatorio, pur evidenziando come 'il fenomeno delle aggressioni al personale sanitario assuma una particolare rilevanza nell’ambito della medicina veterinarià, non fa alcun cenno sull'esposizione alla criminalità». Eppure «la professione veterinaria, nello svolgimento delle mansioni ufficiali che le sono proprie, subisce comportamenti intimidatori di stampo criminale non derubricabili come episodici né come geo localizzabili. Le espressioni di solidarietà, doverose in forma pubblica, non sono sufficienti a restituire serenità d’esercizio professionale - conclude Melosi - con grave detrimento per l’efficacia di funzioni che attengono alla sanità pubblica generale».

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