Gimbe, frattura strutturale Nord-Sud e Calabria in coda
ROMA - Il Servizio sanitario nazionale festeggia 45 anni. La Fondazione Gimbe chiede «un radicale cambio di rotta nella tutela della salute delle persone», e con il suo presidente Nino Cartabellotta spiega che «il Ssn non spegnerà 45 candeline in un clima festoso, sotto il segno dell’universalità, dell’uguaglianza e dell’equità, i suoi principi fondanti ormai ampiamente traditi. Perché la vita quotidiana delle persone, in particolare quelle meno abbienti, è sempre più condizionata dalla mancata esigibilità di un diritto fondamentale, quello alla tutela della salute". Gimbe si impegna quindi in due iniziative concrete, per «trasformare questa ricorrenza da semplice occasione celebrativa a momento di svolta in cui ripartire per rilanciare il Ssn a tutti i livelli». La prima iniziativa è il rilancio della rete civica #SalviamoSsn, «perché al di là delle difficoltà di accesso ai servizi, la maggior parte delle persone non ha ancora contezza del rischio imminente: quello di scivolare lentamente, ma inesorabilmente - rimarca il presidente di Gimbe - in assenza di una rapida inversione di rotta, da un Servizio sanitario nazionale fondato su principi di universalità, uguaglianza ed equità per tutelare un diritto costituzionale, a 21 sistemi sanitari regionali basati sulle regole del libero mercato». La seconda è un logo per il Ssn. «Attualmente molte Regioni identificano il proprio Servizio sanitario regionale attraverso un logo, contribuendo così a consolidare la percezione pubblica dell’esistenza di 21 Ssr distinti: al contrario, paradossalmente manca un logo identificativo del Ssn», rimarca Gimbe.
«Ritenendo fondamentale ribadire l’identità del Ssn - prosegue Cartabellotta - lo scorso 4 dicembre abbiamo inoltrato alla Presidenza della Repubblica, alle alte cariche dello Stato e al ministero della Salute formale richiesta di istituire un logo ufficiale per il Ssn. L'obiettivo è legittimare con un simbolo l’esistenza del Ssn quale pilastro univoco di civiltà e democrazia, confermando a tutte le persone che la tutela della salute rimane un diritto costituzionale garantito dalla Repubblica». Oggi la Fondazione Gimbe pubblica anche la monografia “Il Servizio sanitario nazionale compie 45 anni. Lunga vita al Servizio sanitario nazionale”.
«L'erogazione dell’assistenza sanitaria - osserva Cartabellotta - oggi risulta molto frammentata, troppo medico-centrica, dicotomizzata tra ospedale e territorio e scarsamente integrata con quella socio-sanitaria, generando sprechi e inefficienze, ridotta qualità dei servizi e disagi per i pazienti». Sicuramente ci sono margini di recupero su vari ambiti: «Eccesso di prestazioni da medicina difensiva, frodi, acquisti a costi eccessivi, complessità amministrative, inadeguato coordinamento dell’assistenza, in particolare tra setting ospedalieri e territoriali. Ma per recuperare gli sprechi servono la visione di un nuovo Ssn e coraggiose riforme sulle modalità di finanziamento, riparto delle risorse, programmazione, organizzazione e integrazione dei servizi sanitari e socio-sanitari», elenca Fondazione Gimbe. «Ovvero - chiosa il presidente - sprechi e inefficienze sono parte integrante del sistema e, pur attuando misure per la loro riduzione, non avremo comunque risorse monetizzabili a breve termine».
E proprio la “frattura strutturale” Nord-Sud, precisa Cartabellotta, è la causa del triste fenomeno della mobilità sanitaria che nei dati definitivi del 2021 vale 4,24 miliardi di euro: risorse che scorrono prevalentemente dalle Regioni meridionali verso 3 Regioni settentrionali dove si concentra il 93,3% dei saldi attivi. Proprio le stesse Regioni (Emilia Romagna, Lombardia, Veneto) che hanno già sottoscritto i pre-accordi per le maggiori autonomie». Nel 2021, infatti, le Regioni con saldo positivo superiore a 100 milioni di euro sono tutte al Nord, «Emilia Romagna (442 milioni), Lombardia (271 milioni) e Veneto (228 milioni), e quelle con saldo negativo maggiore di 100 milioni tutte al Centro-Sud: Abruzzo (-108 milioni), Puglia (-131 milioni), Lazio (-140 milioni), Sicilia (-177 milioni), Campania (-221 milioni), Calabria (-252 milioni)», ricorda Gimbe.
«In occasione del suo 45esimo compleanno - conclude Cartabellotta - con le nostre iniziative vogliamo ribadire alla popolazione il valore inestimabile del Ssn e l’inderogabile necessità di un patto sociale e politico che, prescindendo da ideologie partitiche e avvicendamenti di governi, riconosca in quel modello di sanità un pilastro della nostra democrazia, una conquista irrinunciabile e una grande leva per lo sviluppo economico del Paese. Oltre che un’alleanza tra tutti gli attori della sanità, finalizzata a rinunciare ai privilegi acquisiti per rilanciare questo prezioso bene comune nell’esclusivo interesse delle persone».
«Per sedare le strumentalizzazioni politiche degli ultimi mesi - continua il presidente di Fondazione Gimbe - è bene ribadire che negli ultimi 15 anni tutti i governi, di ogni colore, hanno tagliato risorse o non finanziato adeguatamente il Ssn sino a portare il nostro Paese ad essere in Europa primo tra i Paesi poveri in termini di spesa sanitaria pubblica pro-capite». Nel 2022 siamo davanti solo ai Paesi dell’Europa meridionale (Spagna, Portogallo, Grecia) e quelli dell’Europa dell’Est, eccetto la Repubblica Ceca. Con un gap rispetto alla media dei Paesi europei che dal 2010 è progressivamente aumentato, arrivando nel 2022 a 873 dollari (pari a 801 euro), e che, tenendo conto di una popolazione residente Istat al primo gennaio 2023, per l’anno 2022 corrisponde ad un gap di 47,3 miliardi di euro. Nell’intero periodo 2010-2022 il gap cumulativo arriva alla cifra monstre di 363 miliardi di dollari, circa 333 miliardi di euro. «Una progressiva sottrazione di risorse - rileva Cartabellotta - che ha portato all’inesorabile indebolimento del Ssn nelle sue componenti strutturale, tecnologica, organizzativa e, soprattutto, professionale. A pagare le spese del progressivo definanziamento - analizza il presidente - è stato infatti soprattutto il personale sanitario. La persistenza del tetto di spesa riferito al lontano 2004 ha prima ridotto la quantità di medici e soprattutto di infermieri, poi li ha progressivamente demotivati, tanto che oggi si moltiplicano pensionamenti anticipati, licenziamenti volontari, fughe verso il privato o all’estero. Il capitale umano che crede nel Ssn oggi è costretto ad alzare la voce con ripetuti scioperi, per chiedere disperatamente di rilanciare le politiche del personale sanitario. Anche perché si sta facendo largo la scarsa attitudine dei giovani a intraprendere professioni (ad esempio l’infermiere) e specialità (ad esempio il medico d’urgenza) poco attrattive, che a fronte di una bassa remunerazione presentano limitate prospettive di carriera, condizioni di lavoro inaccettabili o addirittura rischio di aggressioni: uno scenario che, in assenza di decisi interventi da parte della politica, finirà per legittimare cooperative di servizi e gettonisti».
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