Il Decreto Calabria passa, la Nesci si dimette
ROMA - La sanità calabrese prova a uscire dall’emergenza e riformarsi, sotto la stretta imposta dal governo con il cosiddetto decreto Calabria che fu varato a metà aprile nel consiglio dei ministri in trasferta a Reggio Calabria. Il passo avanti, verso la conversione in legge, è
arrivato in serata alla Camera: il provvedimento, con misure straordinarie valide per 18 mesi, è stato approvato con 240 voti
favorevoli e 76 contrari. E passa al vaglio del Senato.
Compatte nel 'nò le opposizioni (Pd, Leu, FI e FdI). Passano quindi le norme più stringenti sulla verifica del lavoro dei direttori generali nei vari ospedali e aziende sanitarie
calabresi e passa la linea dei «super poteri» dei commissari straordinari sulla sanità della regione, penalizzata da un disavanzo di gestione salito a 168 milioni di euro nell’ultimo trimestre 2018.
Nel giorno delle dimissioni flash di Edoardo Rixi, il viceministro leghista condannato per le spese pazze in Liguria, a Montecitorio un passo indietro tocca pure ai 5 Stelle. Lo fa
Dalila Nesci che si è dimessa da relatrice del provvedimento,
complice il pressing, nemmeno troppo velato, della Lega e la
richiesta ufficiale del Pd. Sotto attacco da due giorni per le accuse di conflitto di interesse con un suo collaboratore che figura tra i candidati per il posto di commissario di un’azienda
sanitaria locale. Al suo posto, la presidente della commissione Affari sociali Marialucia Lorefice, anche lei del Movimento.
Nel decreto dieci gli articoli sulla Calabria, due le priorità: ripristinare i livelli essenziali di assistenza socio-sanitaria e rimediare ai disavanzi accumulati dalla sanità locale. Da qui una serie di interventi previsti per rafforzare i controlli sui direttori generali, introducendo verifiche straordinarie sulla loro attività, che spettano al commissario ad acta. «Sorvegliati» speciali anche i direttori amministrativi e sanitari: sul loro lavoro pendono controlli periodici dei commissari straordinari. In Aula respinti quasi tutti gli emendamenti. Tranne, due proposti dalle opposizioni che mettono dei paletti ai compensi dei commissari straordinari. Con il
primo sono spariti i 20 mila euro, previsti come indennità aggiuntiva per i commissari straordinari se residenti fuori regione. Il secondo condiziona gli ulteriori 50 mila euro,
previsti nel contratto, ai risultati realmente ottenuti dai commissari. L'ok arriva dopo le dimissioni della relatrice del dl Calabria, la deputata del MoVimento 5 Stelle, Dalila Nesci, preceduta da una bagarre in Aula per il cosiddetto caso Scaffidi.
CONFLITTO DI INTERESSI
“Onestà, onestà” stavolta è stato il grido dell'opposizione contro qi deputati di M5s, attoniti e silenti per essere passati dal banco dell’accusa a quello degli accusati. A innescare la polemica il fatto che M5s, e in particolare la relatrice Nesci, sono stati accusati di trovarsi in una
situazione di conflitto di interessi. Nel giorno in cui in Commissione Affari costituzionali è iniziato l’iter della legge sul conflitto di interessi su input di un altro deputato pentastellato, Giuseppe Brescia.
In Aula prima il Pd con Enza Bruno Bossio, poi Fi con Iole Santelli e infine Leu con Nico Stumpo, tutti deputati calabresi, hanno rilevato che tra i sette candidati a divenire commissari delle Aziende sanitarie della Regione, vi è un «collaboratore"
della relatrice di M5s, Dalila Nesci, anche lei calabrese. Una situazione, appunto, di conflitto di interessi. Nesci ha replicato dicendo che la persona in questione, Gianluigi
Scaffidi, è si un suo «collaboratore», ma «non retribuito». Cosa
che non ha fatto recedere le opposizioni dal chiedere al
ministro di escludere questa nomina. Viste le resistenze della
maggioranza alla richiesta di una presenza in Aula del ministro
Giulia Grillo, è partito un primo «onestà, onestà», poi ripetuto
nei momenti di maggior tensione. Grillo alla fine è arrivata in Aula ed ha attaccato le opposizioni che, quando hanno amministrato la Regione «hanno distrutto la sanità, che è la peggiore d’Italia», mentre i
direttori sanitari «che avete nominato voi hanno fatto fallire
le Aziende sanitarie». Ma inizialmente niente smentita di una
possibile nomina di Scaffidi. Con l’Aula divenuta una bolgia, che il presidente Roberto Fico è riuscito a fatica a domare, Graziano Delrio, capogruppo Dem ha insistito nella richiesta di escludere questa nomina; e come lui, le altre opposizioni.
Visto che era a rischio l’iter del decreto, Grillo si è prima scusata per i toni concitati, e poi ha assunto l’impegno a non nominare Scaffidi, pur insistendo sul fatto che non si tratta di una situazione di conflitto di interessi. A concludere una giornata di tensioni (l'esame del decreto proseguirà giovedì) ecco che Ivan Scalfarotto ha preannunciato a Fico la richiesta di un Giurì d’onore per le parole sconvenienti pronunciate
contro di lui da Massimo Baroni (M5s) durante l’acceso dibattito. Sul caso è intervenuto anche il ministro dell'Interno Matteo Salvini. “Alla Camera c'è un confronto sul decreto sulla sanità in Calabria, come sempre quando emergono dei problemi o delle proposte positive”.
LE DIMISSIONI
“Si tratta, come ho già detto, di attacchi pretestuosi e senza alcun fondamento. Con l’unico fine di consentire il buon andamento dei lavori in Aula, ho comunque deciso di dimettermi da relatrice del provvedimento. La priorità è convertire al più presto il decreto Calabria, che consentirà di sbloccare il turnover del personale sanitario e di attuare tutte le altre misure urgenti per la sanità calabrese, e non solo". Così si difende la Nesci. “Ho sempre svolto con correttezza e dedizione - assicura - tutti i mandati che la commissione Affari sociali e la presidenza mi hanno assegnato. Con grande senso di responsabilità e serietà - ha concluso - rimetto dunque il mio mandato alla presidente della commissione Affari sociali, Marialucia Lorefice".
LE REAZIONI
«Sul decreto Calabria si infrangono
tutti i sogni di gloria dei 5stelle. L’onorevole Nesci si è dovuta inevitabilmente dimettere da relatrice del provvedimento.
La responsabilità è stata affidata alla presidente della commissione affari sociali». Ad affermarlo è la deputata Pd, Enza Bruno Bossio, a margine della seduta della Camera dedicata
alla conversione in legge del decreto Calabria. Bruno Bossio, calabrese come Nesci, aveva ieri duramente criticato in Aula la collega del M5S. «La Camera - spiega la parlamentare - ha sollevato un evidente e macroscopico conflitto d’interessi. La ministra alla Salute Grillo ha dovuto ritirare dall’elenco dei papabili commissari delle Aziende calabresi il nome del collaboratore
della Nesci». «Due giorni di discussione parlamentare dedicata
al decreto Calabria - aggiunge Bruno Bossio - hanno portato allo scoperto tutti i lati oscuri di un provvedimento spacciato come l'unica cura possibile per la sanità calabrese ma, nei fatti, funzionale solo agli interessi di tipo privatistico dei 5stelle.
La efficace opposizione in aula del Pd ha avuto il merito di mettere a nudo tutte le opacità e le anomalie normative, nonché l'evidente profilo incostituzionale del provvedimento. Questa vicenda è esemplificativa della reale natura del Movimento 5
Stelle, intransigente e giustizialista con i nemici politici, ipocrita e bugiardo nella propria azione quotidiana di potere». Su Twitter Emanuele Fiano, della presidenza del gruppo Pd alla Camera, cinguetta:«Dopo 2 giorni di battaglia
parlamentare del Pd, dopo aver scoperchiato un caso evidente di
conflitto d’interessi, si è dimessa la relatrice del decreto sulla sanità della Calabria. È il Parlamento il luogo dove verificare la correttezza delle leggi e noi lo abbiamo fatto». Per il capogruppo del Pd Graziano Delrio, «Sarebbe stato utile, fin dall’inizio avere tutti un atteggiamento leggermente più costruttivo, invece che difendere una cosa indifendibile, com'è successo in questi giorni. Avremmo evitato una bruttissima figura al ministro della. Salute e una brutta figura e un fatto personale verso la relatrice». A chiedere, in Aula, le dimissioni era stato Francesco Boccia del Pd.
«Apprezzo il gesto della deputata», ha premesso Delrio e aggiunto: «Bastava ascoltarsi e capire che questa cosa era indifendibile», sottolineando che «questo gesto, seppur tardivo, forse riconosce la centralità del Parlamento che è meglio tenere presente per il futuro». E ha concluso: «Non abbiamo fatto
questa battaglia per le dimissioni, non c'è niente di personale ma solo una questione di rispetto delle istituzioni e di correttezza».
IN CALABRIA
Prima delle dimissioni era intervenuto anche il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio.«Si è tentato di presentare il Decreto sulla Sanità in Calabria come un provvedimento di portata risolutiva dei problemi della Sanità calabrese ma, in realtà, esso ha il solo scopo di mettere le nomine dei Commissari delle Aziende sanitarie in capo al governo con la possibilità di derogare dalle norme e dalle regole previste per tutte le altre Regioni dell’Italia».
«Durante la discussione parlamentare – ha aggiunto - è
emerso quanto da noi evidenziato nel corso dell’audizione in
commissione, ovvero l’incongruenza e l’assoluta inadeguatezza di
un provvedimento che non contribuirà ad affrontare i problemi
della Sanità calabrese ma contribuirà ad aggravarli. Ho
evidenziato, inoltre, sin dal primo momento della pubblicazione
del decreto sulla sanità in Calabria assunto dal governo l'evidente forzatura contenuta nella possibilità di derogare dall’elenco nazionale nelle nomine dei commissari nelle Aziende sanitarie calabresi. Ho immediatamente dichiarato la mia netta indisponibilità ad intese su nomi. Cosa che ho formalmente
esplicitato in occasione della mia audizione nella commissione
competente della Camera dei Deputati. In quella sede erano
presenti anche deputati calabresi tra i quali la relatrice, on. Nesci. L’elenco dei nomi che mi è stato inviato dal Commissario della sanità calabrese, generale Cotticelli, è stato pubblicato
dai mezzi di informazione nei giorni precedenti le elezioni europee».
«Il ricorso alle bugie di fronte al Parlamento – ha concluso il Governatore della Calabria - è davvero avvilente da parte di chi ha la responsabilità istituzionale del governo della Sanità e la dice lunga sui veri propositi che hanno portato a proporre questo decreto».