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Colpo di coda di Ebola, torna l'epidemia in Congo


ROMA - Una nuova epidemia di Ebola, la decima, è scoppiata nella Repubblica democratica del Congo (Rdc). Questa volta a essere colpita è la Provincia del Nord Kivu, nel Nordest del Paese al confine con l’Uganda. Per l'Organizzazione mondiale della sanità si tratta di una sfida difficile: tentare di spegnere un’epidemia causata da «un agente patogeno tra i più letali nel contesto di una zona di guerra - hanno spiegato - è in vetta alla scala delle difficoltà».

Il ministero della Salute congolese ha annunciato il lancio di una campagna di vaccinazione delle popolazioni ad alto rischio per combattere il nuovo focolaio, che secondo l’Oms porterà a somministrare almeno 3.220 dosi del vaccino ancora nella sua fase sperimentale. Tutto sta nel capire se questa epidemia coinvolge il ceppo Zaire, dal momento che questo può essere trattato con questo stesso vaccino sperimentale già impiegato per l’ultima epidemia. «Cominciare la vaccinazione così rapidamente è un primo passo fondamentale», ha detto il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanamon Ghebreyesus sottolineando la «forte leadership» della Repubblica democratica del Congo nella risposta all’epidemia. «Ebola è aggressivo. Dobbiamo rispondere in modo più aggressivo», ha aggiunto. Secondo Medici senza frontiere ci sono già 74 casi di contagio, con 34 morti e 800 persone sotto osservazione. E' un nuovo colpo che viene dato al Congo, visto che nel Nordovest della nazione, nella Provincia dell’Equatore, proprio nei giorni scorsi il ministro della Salute Oly Ilunga Kalenga, aveva dichiarato la fine dell’epidemia iniziata a maggio e che aveva portato a 33 morti. Il centro dell’epidemia è questa volta a Mangina, a 30 km dalla città più grande dell’area, Beni. In entrambe le zone Medici senza frontiere ha allestito unità di trattamento con posti letto con tende di isolamento. La criticità per gli operatori è caratterizzata dalle continue violenze. «È la prima volta che affrontiamo un’epidemia di Ebola in un’area di conflitto - ha commentato Gwenola Seroux di Msf - Questo renderà la risposta più difficile, soprattutto per limitare la diffusione della malattia in aree di difficile accesso, perché la nostra capacità di movimento sarà limitata».

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